Ficca il naso

domenica 8 aprile 2018

Perché i samurai non usavano lo scudo?


A chi ha avuto a che fare con le cose militari del Giappone, anche solo per aver visto un film, letto un libro o giocato a un videogioco ambientato durante l'era Sengoku, il periodo che dal 1467 al 1603 vide la guerra civile fra i vari daimyo, molto spesso capita di trovarsi a porsi questa domanda. Per noi europei lo scudo ha avuto un ruolo centrale per gran parte della nostra storia militare, dall'antichità fino all'età moderna. Basta pensare a legionari e opliti, protetti dai grandi scudi, o a vichinghi e rodoleri per constatare quanto questo mezzo di difesa (ma anche offesa) occupi un posto importantissimo nel nostro immaginario. Non si tratta nemmeno di una peculiarità dell'estremo Oriente: infatti lo scudo era diffuso dalla Cina all'Indonesia, e perfino in Giappone fino a un certo periodo. Dunque per quale motivo i guerrieri del sol levante hanno smesso di utilizzarlo?

Prima di cominciare è meglio fare una precisazione però: i samurai non abbandonarono del tutto l'uso di coperture in battaglia. Infatti continuarono ad usare i tate, grandi scudi di legno o bambù, molto simili ai nostri pavesi, per coprire gli arcieri e gli archibugieri. Inoltre, piccoli scudi portati a mano e chiamati tedate continuarono ad essere usati sporadicamente in incursioni, attacchi notturni e schermaglie.
Samurai che si proteggono dietro dei tate

Quando si parla di fenomeni simili cercare un solo elemento determinante è spesso fuorviante: quasi sempre vi sono tutta una serie di motivi, grandi e piccoli, che concorrono a determinare un particolare fenomeno o evento.
Alcuni affermano che lo scudo sia caduto in disuso perché era troppo ingombrante da usare e perché disonorevole, in quanto era un oggetto e non l'abilità del guerriero a proteggere. Mi trovo in disaccordo con entrambe le posizioni, innanzitutto perché con "scudo" intendiamo tutta una serie di oggetti che vanno dal grande ed effettivamente pesante scutum romano ai leggeri e piccoli buckler. Inoltre questi strumenti erano tutt'altro che poco maneggevoli e ingombranti, tanto che potevano essere anche usati per offendere, oltre che per difendere. L'umbone, la parte centrale dello scudo fatta in ferro, oltre a costituire il pezzo più robusto dello scudo, poteva anche essere usato per colpire gli avversari.
Per quanto riguarda il codice d'onore dei samurai, il famoso bushido, ritengo che i giapponesi non sarebbero stati così miopi da abbandonare un'arma utile solo per una questione d'onore: infatti le armi da fuoco e altri mille stratagemmi, anche se in teoria disonorevoli, erano usati con grande frequenza in tutto l'arcipelago.

I motivi per cui caddero in disuso sono a mio avviso molteplici. Con l'introduzione del cavallo in Giappone e l'emergere della figura del samurai come guerriero a cavallo armato principalmente di arco, la fanteria gradualmente venne relegata a un ruolo secondario e si preferì armarla con lunghi yari (lance), archi e poi archibugi. L'uso di armi a due mani dunque precludeva l'utilizzo di scudi, in modo simile ai macedoni, che passarono dal grande oplon greco a uno scudo molto più piccolo per potere reggere la lunga sarissa con entrambe le mani. Bisogna inoltre considerare l'utilizzo primario dello scudo, ovvero quello di difesa contro le armi a distanza. In Giappone non troviamo armi di potenza paragonabile all'arco lungo inglese o alle balestre europee o cinesi, rendendo così il fante ben protetto dalla sua sola armatura. Ricordiamoci che l'arco in Europa cadde in declino a causa della diffusione e del miglioramento delle corazze dopotutto.
I samurai imparavano a padroneggiare diverse armi, come lo yari, lo yumi (arco) e la katana, tutte utilizzate a due mani. La corazza nipponica era abbastanza comoda da permettere l'uso dell'arco, e abbastanza robusta da proteggere da frecce, lame e persino da colpi di arma da fuoco, almeno fino a una certa distanza. L'armatura del samurai (a livello generale, ve ne erano di diversi tipi) aveva implementato la funzione di scudo, affidata agli spallacci dalla tipica forma quadrata e molto grandi. Questi infatti non erano fissati all'armatura, bensì legati, per diminuire l'ingombro e permettere di toglierli velocemente.
Un samurai a cavallo. Si notino gli spallacci quadrati e di grandi dimensioni
Dunque gli scudi non erano necessari per fermare le frecce prima, e non erano di grande aiuto contro le pallottole poi. Oltre a questi motivi di natura pratica, bisogna anche considerare lo status mentis di daimyo e samurai, un'operazione non facile per noi moderni coadiuvati dal senno di poi. Innanzitutto la mentalità militare dell'epoca, impregnata degli insegnamenti di Sun Tsu, prediligeva l'attacco alla difesa. Agli assedi si preferivano battaglie campali, e a formazioni protette da muri di scudi si preferivano equipaggiate per l'offesa. Lo stesso spirito lo ritroviamo nella Seconda Guerra Mondiale, quando gli ufficiali, discendenti dei samurai, armati di katana guidavano le cariche banzai della fanteria imperiale, convinti (come molti anche in altri paesi) che lo slancio morale, l'élan del singolo potesse avere la meglio sulla macchina.


Regogolo Boemetto

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2 commenti:

  1. Articolo molto interessante complimenti! Ho annotato parecchi spunti da poter utilizzare nella stesura dei miei libri.

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  2. Ti ringrazio di cuore! Posso chiederti a cosa stai lavorando ora? :D

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