Ficca il naso

lunedì 17 settembre 2018

I misteriosi figli del totem: i Piceni



Da sempre contraddistinti per la loro spiritualità occulta, fin dalla loro nascita leggendaria i piceni sono presentati come un popolo intrinsecamente legato alle potenze divine: i piceni non erano altro che sabini, genti che popolavano Lazio e Campania, riunitisi per quel mitico, a metà tra sacro e profano, ver sacrum. Questo viaggio, a cui partecipavano grandi masse di persone (quasi sempre giovani), si snodava per l'intera penisola centrale, alle ricerca del luogo idoneo per fondare un nuovo dominio.
Quando sul vessillo del capo guerriero si pose un picchio, all'altezza dell'attuale città di Ascoli, i futuri piceni compresero che gli dei avevano deciso che quello sarebbe stato il luogo in cui loro avrebbero dovuto stabilirsi.

Da un punto di vista storiografico si ritiene che i Piceni facciano parte del grande calderone degli Osco-Umbri, giunti in Italia nel II millennio avanti cristo. Le popolazioni osco umbre popolarono l'Italia dalla Calabria (dove vivevano i temuti Bruzi) fino appunto alla Picenia. Si ipotizza che i Piceni partirono da Tiora Matiena, luogo in cui vi era un oracolo dove un picchio profetava ai mortali, per poi risalire la Valle del Tronto, ponendo Ascoli quale loro capitale e Cupra come santuario. Un'altra teoria invece si lega agli Illiri, i quali potrebbero essersi mescolati o avere influenzato le popolazioni Osco Umbre della costa, sebbene non conosciamo iconografiche legate al Picchio in uso nella zona balcanica. Sembra infine farsi strada anche la teoria di un popolo autoctono, entrato in contatto successivamente con gli osco umbri.

Ma se queste sono domande a cui è difficile dare una risposta, ciò che vediamo di certo è che i Piceni avevano una propria lingua, erano estremamente avanzati (come dimostrano i tantissimi reperti archeologici), ma soprattutto avevano un legame con il sacro unico tra le popolazioni italiche. Per i Piceni sembra non esistesse una separazione tra ciò che era divino e ciò che fosse profano. Solo negli ultimi anni della loro storia iniziano a esservi influenze estranee che li portano ad avvicinarsi alla sacralità pragmatica romano etrusca.

Una figura femminile, affiancata a quella del picchio, è il fulcro della religiosità picentina. La dea Cupra, di cui il santuario è l'unico a essere stato ritrovato oltre ad alcuni depositi votivi e al tempio successivo di Diomede, sembra essere il centro di un culto di origini antichissime, forse legato alla dea pre indoeuropea matriarcale conosciuta quale Potnia. Altro essere divino era il signore degli animali, un'entità selvaggia ritratta in numerose offerte di bronzo e nei corredi tombali dei guerrieri. Il livello artistico dei piceni è stupefacente: opere d'arte quali il guerriero di Capestrano e i guerrieri del totem del lupo denotano non solo uno sviluppo tecnologico non indifferente, ma anche la ricchezza del popolo, che oltre alla pastorizia si dedicava al commercio sull'adriatico. Gli etruschi e gli umbri erano anch'essi importanti partner commericali.
Totem animali, quale lupo e picchio, sono altre caratteristiche peculiari dei Piceni, di cui resti artistici ci descrivono danze sacre, antichi rituali profetici, processioni misteriose verso località perdute tra i monti.
Si ipotizza che le sacerdotesse e i sacerdoti avessero un ruolo quasi predominante nella società picena: la lettura del futuro e l'interessere di sortilegi avevano la medesima importanza delle decisioni di un capo militare.
Probabile quindi che le donne picene (in particolare le sacerdotesse) fossero figure rispettate, depositarie di un'antica sapienza che gli uomini non potevano comprendere.

I Piceni popolarono il territorio che andava dal fiume Foglia all'Aterno dal IX al III secolo a.c. Pressati dai Galli a nord, i Piceni si allearono ai romani.
Nel 290 a.c., dopo la vittoria di Sentino sui Sanniti, la potenza romana lambì i confini del territorio dei Piceni, i quali aiutarono i guerrieri dell'Urbe a sconfiggere i Galli Senoni. Appare così un indizio della potenza militare Picena: non erano stati travolti dai celti, avevano resistito alle incursioni etrusche, addirittura permettevano ai romani di vincere i temibili guerrieri nordici. Eppure ormai il loro destino era segnato: i domini romani li circondavano completamente e, sentendosi minacciati, i piceni reagirono.
Fu un guerra lunga (ne parleremo approfonditamente in un articolo) che si concluse infine con la vittoria romana, così importante da portare al conio di una moneta d'argento celebrativa. Iniziò da quel momento una storia sanguinosa di rivolte, alleanze e tradimenti. Molti piceni vennero deportati nelle zone di Salerno, gli altri vennero lentamente romanizzati.
Guerrieri piceni combatterono a fianco dei romani sul lago Trasimeno, subirono il saccheggio da parte di Annibale ma rimasero fedeli a Roma, videro i propri figli più giovani morire a Canne. Con la guerra sociale del II secolo a.c., i piceni sconfissero, insieme ai loro alleati, i romani presso Falerone (90 a.c.), ma vennero poi sconfitti (per un soffio) mentre cingevano d'assedio la città di Fermo. Il condottiero dei Piceni, Vidacilio, tentò di proteggere alllora la capitale Ascoli dalle forze romane, ma, nonostante avesse messo in fuga i legionari, trovò il popolo ormai incerto e lontano dalle tradizioni che un tempo animavano il popolo picentino. Amareggiato, compì l'estremo di atto di suicidarsi.

Ascoli Piceno infine cadde e la sua caduta segnò la scomparsa del culto della dea Cupra, già in decadenza.
I Piceni divennero parte della tribù Fabia e il loro territorio fu ripartito tra la regio V e la regio VI, riunificato infine con Diocleziano nel Flaminia et Picenum. Giove vinceva così la meno guerresca dea Cupra, di cui tra i nuovi cittadini romani se ne perse il ricordo. Eppure, per coloro che ancora adesso ascendono fino agli impervi santuari del popolo del Picchio, le antiche pietre sembrano ancora riecheggiare dei rituali millenari e, forse, voci femminili sussurrano tuttora i segreti di una terra magica.

Fonti
I Piceni, storia e archeologia delle Marche in epoca preromana, di A. Naso.
La civilità della Dea, Marika Gimbutas.
Storia della Prima Italia, Massimo Pallottino.
Preistoria e Storia delle Regioni D'Italia, Gianna G. Buti

Regogolo Boemetto

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1 commento:

  1. Facciamoci una pellicola o, meglio, una serie. Secoli di Grande Storia italica.

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