Ficca il naso

sabato 15 settembre 2018

Samurai! Saburo Sakai, leggendario asso nipponico (1916-2000)



La famiglia nella quale Saburo nacque nel 1916 era appartenuta un tempo alla casta militare dei samurai, ma era stata poi costretta a darsi all'agricoltura in seguito all'haihan-chiken. Rimasto orfano a 11 anni e ottenuti scarsi successi negli studi, a 16 anni si arruolò nella Marina imperiale giapponese, un ambiente dove vigeva una disciplina durissima e in cui le reclute venivano violentemente percosse per ogni minima effrazione o errore. Grazie alla sua educazione che era stata incentrata sul rispetto delle norme del Bushido e dell'Hagakure, Saburo riuscì non solo a superare il massacrante addestramento, ma si guadagnò il grado di sergente di marina prima di fare richiesta per entrare in una scuola per piloti. Come premio per la sua abilità che lo aveva reso il miglior allievo del corso, ricevette un orologio d'argento dall'Imperatore in persona, prima di venire trasferito in suolo cinese, dove c'è un disperato bisogno di piloti. Qui, pilotando un Mitsubishi A5M abbatte la sua prima preda, un Polikarpov I-16. Quando il suo aeroporto venne bombardato da 12 veicoli cinesi, il già ferito Sakai balzò sul primo aereo ancora utile, inseguì gli assalitori e ne abbatté uno prima di tornare indietro per la mancanza di carburante e tentare un atterraggio di emergenza a causa delle ferite.

Trasferito nella base di Hankow, venne selezionato per pilotare il leggendario Mitsubishi A6M "Zero", con il quale prende parte, il 7 dicembre 1941, all'attacco su Clark, base statunitense nelle Filippine che viene rasa al suolo. Nel corso di quella che all'epoca fu un'incursione da record per la distanza percorsa, Saburo abbatté un bombardiere B-17, primo abbattimento da parte di forze giapponesi di questo tipo di aeroplano. Trasferito in Borneo, mise in evidenza due delle sue caratteristiche più tipiche: la grandissima abilità e l'atteggiamento ribelle. Nei cieli sopra Surabaya infatti 23 Zero affrontarono una cinquantina di caccia olandesi, abbattendo una quarantina di nemici in cambio di tre sole perdite (anche se i numeri sono incerti).
La sua attitudine critica verso gli arroganti ufficiali superiori e la tipica mentalità giapponese lo portarono a disobbedire all'ordine di abbattere qualsiasi veicolo nemico, quando risparmiò un Douglas DC-3 carico di civili, e a compiere gesti provocatori come lo spettacolo acrobatico che Sakai e gli assi Hiroyoshi Nishizawa e Oshio Ota (con i quali formava il famoso "Cleanup Trio") offrirono ai piloti alleati di Port Moresby.

Trasferito nella base di Lae, in Nuova Guinea, si guadagnò il rispetto degli equipaggi di terra e d'aria (perse pochissimi gregari durante la guerra) con la sua abilità ma anche con il suo carattere così diverso da quello degli arroganti e violenti ufficiali cui erano abituate le truppe. Ma durante i ferocissimi scontri sopra Guadalcanal, l'8 agosto, Sakai venne colpito in testa da un colpo di mitragliatrice. Il proiettile passò attraverso il cranio del pilota, accecandolo da un occhio e paralizzando il lato sinistro del suo corpo. In queste condizioni terrificanti riuscì a percorrere in 4 ore e mezza i 1.000 km che lo separavano dalla base di Rabaul, dove rifiutò qualsiasi cura medica prima di aver fatto rapporto. Un'operazione senza anestesia gli permise di usare di nuovo la parte sinistra del corpo ma nulla poté essere fatto per salvare il suo occhio destro. Dopo 6 mesi di riabilitazione, il pilota ormai orbo trascorse un anno ad addestrare nuovi piloti, vedendosi rifiutato il permesso di tornare a combattere fino all'aprile del 1944.

Tornato nella mischia, Sakai ingaggiò gli statunitensi in una serie di scontri sopra Iwo Jima, dimostrando la sua esperienza e abilità quando riuscì a sfuggire a quattro moderni Hellcats senza venire mai colpito una sola volta. La sua indole ribelle emerse ancora una volta, quando si rifiutò di portare a morte certa i suoi uomini, a cui era stato ordinato di portare a compimento un attacco kamikaze, portandoli invece in salvo a Iwo Jima. Nonostante la sua grave menomazione, riuscì ad abbattere altri 4 veicoli nemici, portando le sue vittorie alla cifra di 64, che gli valsero la promozione ad ufficiale, un onore concesso molto raramente nell'esercito imperiale. L'alfiere Saburo Sakai venne scelto insieme ad altri per pilotare una forza equipaggiata con i moderni e ottimi Kawanishi N1K Shinden, ma ormai era troppo tardi. Dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, lui e altri nove compagni contravvennero agli ordini per combattere un ultimo scontro, per poi dover accettare anch'essi la sconfitta del Giappone.

Promosso a sotto-tenente, dopo la guerra divenne un buddista devoto, vegetariano e pacifista, tanto che giurò di non uccidere mai più un essere vivente, nemmeno una mosca.
La sua vita post-bellica inizialmente venne segnata dalla povertà e dal dolore per la morte prematura della moglie, ma nel 1952 aprì una piccola tipografia e inviò la figlia a studiare in America. Criticò aspramente il governo giapponese e le scelte ottuse e arroganti che avevano provocato la morte di centinaia di migliaia di persone, oltre a denunciare come i suoi superiori lo discriminassero e maltrattassero, nonostante le sue imprese eroiche. In seguitò visitò gli Stati Uniti dove incontrò molti dei suoi antichi avversari, con i quali intrattenne rapporti improntati al rispetto e alla stima reciproca. Il pilota che si era distinto non solo per abilità, resilienza e amore per la propria patria, ma anche per galanteria e rispetto per la vita umana morì il 22 settembre 2000 durante un incontro fra veterani nella base navale di Atsugi, a causa di un attacco cardiaco.


Regogolo Boemetto

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