Ficca il naso

giovedì 6 settembre 2018

Una confederazione di guerrieri: Grandson, 1476



412 uomini pendevano lividi dagli alberi.
La guarnigione di Grandson si era arresa al Duca di Borgogna Carlo il Temerario, ma il francese non aveva rispettato il patto. Così per quattro ore i soldati e il loro seguito dovettero osservare i propri compagni venire impiccati, in attesa del proprio turno.

Carlo, con la sua cavalleria pesante e i suoi cannoni, era convinto che avrebbe avuto presto ragione di quei selvaggi ribelli della Confederazione Svizzera.
Le truppe di Zurigo, Berna, Lucerna, Uri, Svitto, Unterwalden, Glarona e Zugo, rinforzate da altre forze giunte dai paesi attigui, in realtà non temevano né cavalli né bombarde, ma anzi marciavano a spron battuto nella speranza di salvare i propri compagni di Grandson. Divisi in tre gruppi di armata, le forze cantonali andarono incontro all'esercito di Carlo senza incontrare né esploratori né avanguardie, poiché il Duca, nonostante fosse un ottimo generale, aveva dato per scontato che gli svizzeri non si facessero vedere.
Convinto che fosse solo l'avanguardia dell'esercito confederato, il Duca schierò la sua armata senza indagare oltre, schierando cavalleria e mercenari in formazione di attacco. L'artiglieria, che era pensata più che altro per gli assedi, venne armata, ma non abbiamo riscontri del suo reale impatto sulla battaglia. Certo è che il parco artiglieria di Carlo doveva essere imponente, mentre numerosi archibugi, bombardelle e scoppietti (di probabile produzione italiana, poiché la maggior parte delle botteghe di armi manesche dell'epoca si trovavano appunto in Italia) vennero utilizzati da entrambe le armate.

La prima colonna svizzera si piegò in preghiera. A sentire gli Ave Maria e i Padre Nostro, i borgognoni credettero che gli svizzeri volessero arrendersi, dunque si gettarono all'assalto al grido "Dovete morire tutti, nessuna pietà!". La cavalleria pesante agì molto bene: inflisse gravi perdite ai confederati e circondò il muro di picche. Tuttavia Carlo decise di farla ritirare, così da bombardare con cannoni e archibugi la formazione serrata dagli svizzeri. Fu in questo momento che le altre due colonne confederate emersero urlando dalla foresta vicina, travolgendo il fianco della fanteria borgogna. L'esercito del Duca sbandò molto in fretta e quasi senza colpo ferire si diede alla fuga, lasciando in mani confederate l'artiglieria e le salmerie.
Carlo, sebbene tentò fino all'ultimo di riunire i suoi uomini, fu costretto a scappare. Con pochissime perdite da ambo le parti, gli svizzeri avevano umiliato uno dei più spietati e abili generali del momento. Ma non sarebbe finita lì.

I soldati dei cantoni scoprirono i corpi appesi dei propri connazionali. Quello che per Carlo doveva essere il modo per piegare la volontà degli Svizzeri si dimostrò l'esatto contrario: furibondi, i picchieri delle montagne giurarono che i borgognoni l'avrebbero pagata cara.
E l'occasione per ciò sarebbe giunta molto presto...

Regogolo Boemetto

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