Ficca il naso

sabato 18 agosto 2018

1453: la caduta di Costantinopoli



Dopo la fine dell'impero romano d'Occidente, le mura fatte costruire dall'imperatore Teodosio nel V secolo erano riuscite a tenere al sicuro per mille anni la città di Costantinopoli, la solitaria sentinella posta alla soglia del mondo cristiano. Solo una volta la città era caduta nelle mani degli assalitori: per ironia della sorte proprio in quelle dei cristiani della quarta crociata.
Armate bulgare, rus, serbe e arabe si erano infrante contro le poderose fortificazioni, testimoni gloriose di un passato grandioso.

Ma la Morte Nera, un terremoto, le guerre civili e l'inarrestabile ascesa ottomana avevano trasformato la città degli imperatori porfirogeniti nell'ombra di sé stessa. I 50.000 abitanti speravano nell'intervento divino, in quello dell'Occidente e nelle vecchie ma poderose mura quando il giovane Maometto II mosse il suo enorme esercito (80.000-90.000 uomini) all'assalto della città, coadiuvato da una grande flotta di 126 navi e soprattutto con l'appoggio di 70 bocche da fuoco di vario calibro. Fra queste spiccava la terrificante creatura dell'ingegnere ungherese Orban, un mostro di bronzo lungo 9 metri in grado di sparare palle da mezza tonnellata l'una.
Nel disperato tentativo di salvare la città e gli ultimi brandelli del suo regno, l'imperatore Costantino XI Paleologo aveva provato a trattare col sultano, ma senza successo. Si era dunque rivolto agli occidentali, arrivando addirittura a riconoscere l'unione della Chiesa ortodossa con quella Cattolica per convincere i regnati d'Europa a giungere in suo soccorso.
Ma fra tutti solo il regno di Napoli, il papa, Genova e Venezia avevano risposto, preoccupati per la perdita dei loro grossi interessi nel commercio levantino. L'aiuto maggiore venne dai 700 genovesi comandati da Giovanni Giustiniani Longo, mentre Venezia tergiversò e la flotta che mandata in soccorso giunse a battaglia conclusa. Soldati, marinai, volontari armati, disertori ottomani e persino dei monaci facevano parte dei 7.000 difensori della città, troppo pochi per guarnire completamente le mura, lunghe ben 22 chilometri.

Dato che le 26 navi a disposizione non avrebbero potuto contrastare la flotta ottomana, Costantino XI fece tendere una catena attraverso il Corno d'Oro, per impedire l'accesso alle navi turche. Il 6 aprile 1453 cominciava l'assedio. I primi assalti turchi si conclusero in un nulla di fatto, a costo di gravi perdite per i coraggiosi soldati ottomani. L'artiglieria del sultano riuscì ad aprire diverse brecce nelle antiche mura, subito richiuse dai difensori con barricate improvvisate durante la notte. Gli ottomani tentarono allora di scavare delle mine sotto le mura, ma un ingegnere tedesco al seguito dei genovesi riuscì a distruggere tutti i tunnel, vanificando gli sforzi dei genieri serbi. Tre navi cariche di rinforzi e cibo erano riuscite a superare il blocco, facendo infuriare Maometto. 

Il sultano dunque ordinò che i suoi migliori fabbri e ingegneri si mettessero all'opera per trasportare le navi via terra fin dentro al Corno d'Oro. L'operazione, colossale dal punto di vista logistico, fu un successo e gli scorati difensori si trovarono ancora più stretti da entrambi i lati. Il cibo cominciava a scarseggiare, e i rinforzi promessi da Venezia non si vedevano. Ormai era chiaro che la città era condannata, ma l'imperatore si rifiutò di abbandonarla, come invece suggeriva la sua corte. Il 28 maggio, il giorno prima dell'attacco finale, si svolse una processione spontanea che culminò in una grandiosa funzione nella basilica di Santa Sofia. Latini e Bizantini erano di nuovo uniti nella stessa fede, per la prima e l'ultima volta. 

Nello stesso momento i soldati di Maometto pregavano e si preparavano all'attacco. All'una e mezza di notte del 29 maggio tutte le campane della città iniziarono a suonare: l'attacco finale era iniziato. Per oltre due ore i difensori respinsero decine di migliaia di male armati bashi-bazuk, sostituiti poi da orde di soldati anatolici, meglio armati e addestrati. Dopo lunghe ore di combattimenti senza sosta i difensori non potevano sperare di resistere all'assalto dell'élite del sultano, i temibili giannizzeri. La vista del comandante Giustiniani Longo che, ferito, veniva portato via dai suoi uomini e la bandiera con la mezzaluna che veniva issata sopra la kerkoporta mandarono nel panico gli ultimi difensori, che lasciarono i loro posti. Riconoscendo che la fine della sua vita e del suo impero erano giunti, Costantino XI si liberò delle insegne imperiali e si gettò nella mischia per morire alla testa degli ultimi irriducibili difensori.

Per punire il rifiuto dell'offerta di resa, Maometto permise tre giorni di saccheggi ai suoi uomini. Costantinopoli, la seconda Roma, morì tra le fiamme insieme a gran parte dei suoi tesori, della sua cultura, della sua bellezza. Dalle ceneri sorse Istanbul, la capitale dell'impero che per i secoli successivi avrebbe fatto tremare l'Occidente cristiano.



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2 commenti:

  1. Probabilmente la quarta crociata fu il colpo fatale per l'impero, che di fatti non riuscì più a ritornare ai fasti di un tempo. Chissà come sarebbe cambiata la storia se l'impero fosse riuscito in qualche modo sconfiggere gli ottomani durante l'assedio.

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    1. Anche se Costantinopoli fosse sopravvissuta, probabilmente non sarebbe durata ancora a lungo. Ormai gli ottomani dominavano la Grecia e contendevano il Mediterraneo Orientale ai veneziani, mentre l'impero romano d'Oriente era l'ombra di sé stesso.

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