Ficca il naso

venerdì 17 agosto 2018

"Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi!": la crociata contro i Catari


Sul finire dell'XI secolo, in varie zone d'Europa ma in particolare nella Linguadoca (Francia meridionale) era andato diffondendosi un movimento religioso che proponeva una rilettura delle Sacre Scritture e uno stile di vita ascetico. I catari, (in greco "puri"), conosciuti anche come albigesi dalla città di Albi o boni homini, affermavano che l'universo fosse diviso fra due elementi opposti, il Bene (Dio) e il Male (Satana). 

A quest'ultima categoria apparteneva tutto ciò che era materiale, tanto che i catari abbracciavano uno stile di vita ascetico. Questo movimento ebbe un grande successo nella Francia meridionale, nonostante la condanna voluta da papa Alessandro III al Concilio di Tours nel 1163. A livello politico il catarismo era temuto in quanto metteva in discussione l'autorità del re di Francia e della Chiesa, infatti nel 1167 si era tenuto un "controconcilio" cataro. All'inizio la Chiesa tentò la carta della predicazione, ma persino dei pesi massimi come Bernardo di Chiaravalle e Domenico di Guzmàn non riuscirono a riportare i catari sulla retta via.

La situazione esplose quando il 15 gennaio 1208 il legato papale Pierre de Castelnau venne assassinato, per mano del conte di Tolosa Raimondo VI secondo il papa Innocenzo III. A questo punto il pontefice fece una cosa senza precedenti: bandì una crociata contro altri cristiani, alla cui aderirono moltissimi nobili della Francia settentrionale ma anche avventurieri di ogni risma. Le operazioni vennero affidate al cavaliere Simon de Montfort e all'abata Arnaud Amaury. La leggenda vuole che fu proprio questo ecclesiastico a pronunciare la famosa frase "Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi" quando i suoi soldati chiesero cosa fare con gli abitanti di Bezièrs, la prima roccaforte catara caduta in mano all'armata crociata il 22 luglio 1209. 

Ventimila "eretici" vennero seviziati e massacrati, le donne stuprate, gli uomini macellati senza pietà. Quella che si rivelò una campagna di conquista continuò inarrestabile negli anni seguenti: caddero Carcassone, Albi, Monfort e Lavaur. Sebbene non ci fossero più massacri paragonabili a quello di Béziers, ovunque roghi, torture e violenze verso la popolazione erano all'ordine del giorno. L'intervento di Pietro II, re di Aragona, non valse a cambiare le sorti della guerra: il sovrano iberico moriva appena un anno dopo, nel 1213, lasciando il conte Raimondo di nuovo da solo. Nel corso dell'assedio della capitale Tolosa (nell'immagine) Simon de Montfort venne ucciso da una pietra, il ché permise al nuovo sovrano Luigi VIII di impossessarsi delle terre conquistate dai crociati. I catari riuscirono a riorganizzarsi e riconquistare alcuni centri, ma dopo l'ennesima campagna di distruzioni e massacri il nuovo conte Raimondo VII dovette siglare lo svantaggioso trattato di Meaux, col quale rinunciava a sostenere i boni homini e cedeva gran parte delle sue terre alla Corona francese. 

Con la Linguadoca saldamente in mano francese, schiere di inquisitori poterono imperversare nella Francia meridionale, mentre negli anni successivi cadevano anche gli ultimi rifugi dei catari e la contea di Tolosa veniva infine annessa alla Francia nel 1271. La parabola dei catari terminò nel 1321 con il rogo di Guilhèm Belibaste, l'ultimo càtaro ad essere arso vivo per la sua fede. Dopo un secolo di lotte ove la spada più che la croce era stata la protagonista, gli albigesi erano un ricordo e il Sud della Francia era nelle mani di Parigi.

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